…tracce fisiche della nostra storia

In ogni casa c’è un archivio che rappresenta la memoria della famiglia, ci sono scatole, album organizzati con date e commenti, pareti con foto appese, mobili e scaffali con portaritratti, semplici stampe imbucate nei cassetti o in qualche scatola da scarpe.

Ho bussato alla porta di alcuni archivi è mi è stato offerto un viaggio inaspettato fatto di emozioni, racconti e condivisioni inattese anche da chi quelle storie le ha vissute.

Le storie ed i ricordi hanno preso forma nei materiali e nei colori che le stampe hanno assunto col passare degli anni, nei vecchi scritti o nelle dediche dietro le fotografie, in una ciocca di capelli custodita in una vecchia schedina del totocalcio, nelle pagelle scolastiche. Pezzi di tempo oggi fisicamente nelle nostre mani.

Pezzi della nostra storia che con la loro matericità hanno alimentato ricordi e preziosi racconti. In questo nostro vagare nel tempo a volte irrompe la contemporaneità, la luce del telefono o della cornice digitale su cui stanno le storie moderne si accende e poi svanisce.
Non un racconto di imprese o vite straordinarie, solo l’ordinarietà delle storie delle nostre famiglie. In esse ci riconosciamo ed attraverso di esse ci raccontiamo agli altri con pudore presto sopraffatto dall’emozione nel rivivere.

Immagini che vogliono essere riflessione sul doppio valore della fotografia intesa anche come materia che si lascia toccare, si trasforma, vive ed invecchia con noi ma ci sopravvive, ha perciò bisogno di cura e per questo ha “valore” poiché diventa essa stessa ricordo.

Sarà in grado di mantenere in futuro lo stesso “valore” un’immagine smaterializzata tra le tante, troppe, che produciamo quotidianamente? La tecnologia ci offre opportunità straordinarie per progettare ed alimentare i nostri archivi ma siamo sicuri di essere in grado di governarne l’evoluzione? O i nostri ricordi finiranno per essere fagocitati?
File non più leggibili, linguaggi che non riusciremo più a codificare. Cassetti pieni ma inaccessibili.